Le lingue sono vive, si evolvono e si adattano alla loro epoca e alla società in cui vengono usate. Anche per questo la scrittura inclusiva alimenta il dibattito oggi. Ma perché siamo arrivati a questo punto? L’italiano è una lingua sessista? Imparare o parlare l’italiano ai giorni nostri è differente dal passato?

italiano lingua sessista

Cosa troverai in questo articolo?

Che cos’è una lingua sessista?

Per definizione, il sessismo è

s. m. [der. di sesso, sul modello di razzismo e per influsso del fr. sexisme e ingl. sexism]. – Termine coniato nell’ambito dei movimenti femministi degli anni Sessanta del Novecento per indicare l’atteggiamento di chi (uomo o donna) tende a giustificare, promuovere o difendere l’idea dell’inferiorità del sesso femminile rispetto a quello maschile e la conseguente discriminazione operata nei confronti delle donne in campo sociopolitico, culturale, professionale, o semplicemente interpersonale; anche, con sign. più generale, tendenza a discriminare qualcuno in base al sesso di appartenenza.

Definizione Treccani

Qualificare una lingua come “sessista” significa quindi che il suo vocabolario e la sua sintassi privilegiano il genere maschile. A MosaLingua siamo per l’uguaglianza delle lingue! Restiamo quindi neutrali e non ci schieriamo per nessuna delle osservazioni che seguiranno. Studiare una lingua significa osservarla sotto diverse angolazioni. Ed è ciò che faremo in questo articolo: osservare, senza giudizi, per farci un’opinione personale e capire se l’italiano è una lingua sessista.

L’italiano è una lingua sessista? La parità nella lingua italiana

Le regole della lingua italiana sono state stabilite diversi secoli fa, in un’epoca ben diversa da quella di oggi. Il vocabolario e la grammatica riflettono quindi di un passato linguistico che, bisogna ammetterlo, non è cambiato molto. Sebbene si sia evoluto (lo vediamo con l’apparizione di anglicismi, lo slang, la modernizzazione della lingua…), l’italiano resta una lingua che non cambia molto, protetta dai linguisti legati alla tradizione. La parità non è quindi la risorsa principale della lingua italiana: il genere femminile è spesso dimenticato, persino denigrato.

Le professioni

Il campo lessicale delle professioni è ben noto per non menzionare (in molte occasioni) il genere femminile. Marinaio, autista, giardiniere, falegname, medico… Difficile dunque che le giovani donne si identifichino con queste professioni.

La lotta per la femminilizzazione dei nomi delle professioni ha spesso fatto la cronaca nel corso degli ultimi decenni, ma non è sempre stata presa sul serio. E d’altra parte la femminilizzazione di alcune professioni, come architetta, direttrice d’orchestra non è stata ben accolta da alcune donne appartenenti a quei settori, poiché la versione femminile non sarebbe comunque considerata di pari livello a quella maschile. Se vuoi saperne di più su questo dibattito, leggi l’articolo a cura dell’Accademia della Crusca.

Il maschile prevale sul femminile

La grande regola che tutti gli studenti italiani hanno appreso a memoria e che resterà inciso nella memoria è: “il maschile prevale sul femminile”. Altrimenti detto, se il soggetto di una frase è composto da uomini e donne, o anche da un uomo e da un gruppo di donne, bisognerà accordare gli elementi necessari al maschile.

Questa regola viene insegnata a tutti i bambini fin dai primi anni di scuola ed è una regola che risale a diversi secoli fa. Che sia arrivato il momento di cambiarla?

Le espressioni idiomatiche

Le espressioni idiomatiche a volte si schierano e giocano in sfavore delle donne. Hai già sentito le espressioni seguenti? Sebbene esistano e alcuni le utilizzino con una certa frequenza, se stai imparando l’italiano, è meglio non utilizzarle.

  • Donna al volante, pericolo costante!

Questa espressione significa che le donne non sanno guidare e che se si trovano al volante, c’è pericolo per chi si trova in macchina con loro in quel momento, ma anche per gli altri.

  • Essere una femminuccia

Sono gli uomini che usano quest’espressione tra di loro per denigrare la loro mancanza di virilità. Il suffisso -uccia significa “piccola” e qualifica l’uomo in questione come “piccola femmina”.

  • Essere un maschiaccio

Un maschiaccio è una ragazza che ha un comportamento o delle caratteristiche tipiche di un ragazzo.

  • Una donna facile

Una donna facile o una ragazza facile è nota per avere delle relazioni intime facilmente, il che è mal visto. Questa espressione è considerata come sessista perché non esiste l’equivalente maschile. La regista Éléonore Pourriat gioca sul sessismo di questa espressione con il titolo del suo film “Non sono un uomo facile”. Questa commedia romantica francese tratta perfettamente delle relazioni uomini/donne nella società francese di oggi, che non è poi così diversa da quella italiana.

Che varianti propone la lingua?

La scrittura inclusiva

Hai sicuramente sentito parlare di questo termine che è molto di attualità negli ultimi tempi. Per chi non sa bene di cosa si tratti, la scrittura inclusiva utilizza una serie di accorgimenti per includere non solo le donne, ma anche quelle minoranze che un linguaggio non inclusivo può escludere. Utilizzare una scrittura inclusiva può quindi aiutare ad abbattere pregiudizi e stereotipi radicati nella società.

La necessità di una lingua inclusiva, secondo Italiano inclusivo, è sorta poiché

Ogni volta che un uomo o una donna parlano di sé, della propria professione, di qualsiasi aspetto della propria identità o, semplicemente, di un’azione che hanno compiuto, in un linguaggio connotato per genere come l’italiano standard si trovano a dover dichiarare obbligatoriamente il proprio genere.

Questo, in una cultura dove il privilegio maschile è imperante, è fonte di oppressione.

Ma ancora più evidente è il privilegio maschile quando ci si rivolga a un gruppo di persone di generi misti qualora anche unǝ solǝ componente del gruppo sia di genere maschile. In questo caso l’italiano standard prevede l’uso del cosiddetto “maschile inclusivo” che, ovviamente, è tutto fuorché inclusivo in quanto invisibilizza tutte le componenti non maschili del gruppo stesso.

Oltre a donne e uomini, esistono poi le persone non-binarie, ovvero persone che non si riconoscono necessariamente in genere maschile o femminile, di conseguenza usare una lingua non inclusiva le esclude a priori da ogni discorso.

Non tutti però condividono questo punto di vista. Numerose sono le persone che trovano che la scrittura inclusiva modifichi troppo la lingua e la complichi inutilmente. Altri la trovano semplicemente brutta. Ma vediamo meglio in cosa consiste e come effettivamente cambia il nostro modo di comunicare utilizzandola.

L’asterisco o la chiocciola

Inizialmente si è diffuso l’uso dell’asterisco o della chiocciola per sostituire la declinazione di genere. Quindi ragazz* o ragazz@ può riferirsi indistintamente a ragazzo/ragazza o persona non-binaria. Ma il problema di fondo è che questa soluzione può funzionare allo scritto, mentre nel parlato è difficilmente replicabile visto che asterisco e chiocciola non hanno una pronuncia.

La schwa

L’italiano inclusivo ha quindi optato per la schwa “ǝ”, al singolare, e la schwa lunga, “ɜ”, al plurale. Ogni parola declinabile al maschile o al femminile (articoli, nomi, aggettivi, ecc.) può essere quindi declinata in questo modo senza far riferimento al genere.

La parola maestro / maestra in italiano inclusivo si scrive maestrǝ. Al plurale, maestri / maestre diventa invece maestrɜ. Più difficile declinare l’articolo il davanti al nome maestro. Secondo le regole dell’italiano inclusivo e considerando che in passato esisteva solo l’articolo lo, il maestro diventerebbe lǝ maestrǝ. Analogamente, al plurale, laddove si usa i / gli al maschile e le al femminile, si può declinare in senso inclusivo con lɜ. 

È stata scelta la schwa anche per motivi di pronuncia. Non assomiglia, se non nella sua forma plurale, a nessuna delle vocali pronunciate in italiano standard, anche se esiste in alcuni dialetti, ma a differenza di chiocciola e asterisco, è pronunciabile.

E tu cosa ne pensi, secondo te l’italiano è una lingua sessista? Pensi che l’italiano inclusivo debba essere insegnato a scuola o sei convinto che non sia un problema usare l’italiano standard?

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